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Civitella
del Tronto e le "CEPPE" a cura di Angela
R.
Metti
un fine settimana in cui non sai che fare, in cui giri e rigiri per
casa mentre la tiepida aria primaverile ti invita fuori, ad una gita
fuori porta. Se sei della zona o anche di più lontano, il consiglio
è di prendere l'auto ed in pochi minuti raggiungere l'affascinante paese
di Civitella del Tronto. Visitarlo nel mese di aprile è un'emozione
che lascia i segni, quando i colori sono vivi, i contorni netti e i
panorami mozzafiato, quando i monti Gemelli si ergono in tutta la loro
maestosità ed il Gran Sasso impera specialmente dal belvedere che offre
la piazza centrale. Questo paese, un tempo vigile sentinella dei confini
settentrionali del Regno delle Due Sicilie, si eleva, sospeso tra mare
e monti a 586 metri su di una possente roccia di travertino lungo la
provinciale Piceno-Aprutina, equidistante dai capoluoghi di Ascoli Piceno
e Teramo. Fu l'ubicazione a conferire a Civitella una particolare valenza
strategica e a segnarne il destino. L'ardito bastione naturale destò
dapprima l'attenzione delle popolazioni rurali che per sfuggire alle
razzie dei barbari e al pericolo della malaria vi salirono, pare intorno
all'anno mille, dando vita al fenomeno che molti storici definiscono
dell'"incastellazione". Ma l'attuale conformazione di paese e
fortezza è legata al 1564, quando, sotto la dominazione spagnola si
delineò l'attuale urbanistica del paese ed estensione della struttura
militare che lo sovrasta.
Il triste epilogo è del 1861, quando con l'Unità d'Italia, la fortezza
di Civitella rimase a difendere gli ideali del Regno di Napoli e dopo
Gaeta e Messina, il 20 marzo del 1861, si arrese per poi venire bombardata
dall'esercito piemontese. Da quel momento il forte non ebbe più ruolo
militare e della possente struttura originaria rimase ben poca cosa.
In seguito, grazie ad un restauro durato 13 anni, finanziato dalla Cassa
per il Mezzogiorno e curato dalla Sovrintendenza dei Beni culturali
dell'Aquila, ne è stata possibile la riapertura al pubblico.
Ma partiamo dal paese che val bene una visita, con le sue pietre e vie
strette, i portali, il colore intenso del travertino che contribuiscono
a renderlo indimenticabile. Raro esempio di città-fortezza che
per volere degli spagnoli divenne di per sé primo livello di risposta
agli attacchi armati, Civitella conserva i ricordi di quella funzione
antica, come feritoie ostili ai lati dell'uscio delle case che creano
un piacevole contrasto coi gerani pensili di cui le finestre sono adorne.
Entrando per Porta Napoli si va verso la piazza, peraltro ora splendidamente
ristrutturata ed in cui è possibile vedere la Chiesa di San Lorenzo,
si prosegue poi lungo il corso per arrivare fino in fondo e trovarsi
davanti la Chiesa di San Francesco che sta per essere riaperta al pubblico.
Infine la Chiesetta della Scopa, la più antica di Civitella e poi vie
e viuzze tutte da vedere, tutte con un dettaglio accattivante in cui
è veramente piacevole perdersi. Ma arrivando da Porta Napoli e girando
a destra si va in fortezza, dove la visita appare ricca di sorprese
e suggestioni, e per cui consiglio minimo un'ora di tempo e scarpe comode.
La prima rampa ci fa ritrovare nel punto in cui era il ponte levatoio,
poi nel primo camminamento coperto, un tempo posto di guardia con i
resti di un camino e la scala a chiocciola per comunicare con il bastione
superiore. Dopo un tratto di salita fa la sua apparizione il "Calabozzo
del coccodrillo", il tetro carcere del forte che pare avesse soltanto
una funzione disciplinare per i soldati irriverenti. Più avanti superato
il secondo posto di guardia, dove è situata l'attuale biglietteria,
vi è la piazza del Cavaliere e il bastione Sant'Andrea. Era questo il
luogo delle esercitazioni belliche, dove ogni anno a metà agosto si
svolge l'interessante rievocazione storica denominata "A la corte
de lo Governatore", un banchetto in cui si rievocano antichi avvenimenti
della storia di Civitella con i ragazzi che servono in costume d'epoca
e il menu rigorosamente del tempo. Continuando si raggiunge la seconda
piazza preceduta dalla cappella votiva dedicata a Santa Barbara, che
è la piazza d'armi o di batteria maggiore, con la campana faro, estranea
alla storia del forte, dedicata ai caduti di tutte le guerre, la linea
di collegamento con la polveriera, i resti degli uffici e la cisterna
per la raccolta dell'acqua piovana, proprio al centro della piazza (ce
ne sono 5 in tutta la fortezza). Ormai al culmine della salita, arriviamo
nella piazza più alta, la gran piazza, dove sorgono vicini i resti del
Palazzo del Governatore e la chiesa di San Giacomo. Superati questi
edifici imbocchiamo il corso, un lungo viale fiancheggiato dalla caserma
sulla destra e sulla sinistra dagli alloggiamenti degli ufficiali. Cucine,
mense, stalle e quant'altro occorreva per vivere in totale autonomia
all'interno del forte, infine il museo delle armi, superato il quale
un filare di maestosi lecci conduce al belvedere, zona un tempo adibita
a polveriera, oggi splendida veduta sulla sottostante roccia, i monti
Gemelli e quando è terso il Gran Sasso.
Qualche informazione di carattere pratico non guasta: il prezzo del
biglietto è di Euro 3,10 per gli adulti, 2,10 per comitive e 1 Euro
per bambini. Gli orari di apertura variano con le stagioni, ma la fortezza,
gestita dalla locale Cooperativa "Progetto Fortezza e Territorio", è
uno dei pochi monumenti abruzzesi visitabili tutto l'anno, si va solitamente
dalle 9,30 della mattina (la domenica l'orario è continuato) fino all'una
e poi delle 14,30 alle 19,30. Dopo una passeggiata simile corre obbligo
informare che a Civitella si mangia bene.
I piatti tipici sono fieramente legati alla tradizione ed ancestralmente
ispirati, nei nomi e nei fatti, ai sovrani di Napoli. Essi sono: le
ceppe, lo spezzatino alla franceschiello, ovvero pollo,
agnello e coniglio insaporiti con sottaceti ed olive, il filetto
alla borbonica con mozzarella, pan carrè e acciughe.
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La Ricetta del Mese a
cura di Sergio A.
Le
CEPPE di Civitella
I
maccheroni con le ceppe (localmente chiamati "i makkarù nghe li cèpp")
sono così denominati perchè si tratta di grossi bucatini fatti a mano
arrotolando la pasta intorno a un bastoncino. Una leggenda vuole
che si tratti di una pietanza inventata da un cuoco militare che, durante
un assedio alla Fortezza di Civitella, non avendo disponibilità di attrezzi
idonei, utilizzò un ceppetto
in legno
inventando, dunque, i maccheroni con le ceppe. Sono una delle paste
abruzzesi fatte in casa più buone in assoluto e più a rischio di estinzione
di altre, per la complessa manualità della preparazione, frutto di tradizione
e di esperienza. Per fare il buco a questo tipo di maccherone, le massaie
si servivano di una sottile bacchetta di legno (la ceppa) ben levigata,
attualmente sostituita da un sottile filo di acciaio inox, deve rimanere
però intatta la destrezza con la quale si deve togliere dal ferro il
maccherone perfettamente dritto ed integro.
Ingredienti per la massa: Per otto persone occorreranno all'incirca
1 Kg di farina bianca, 6 uova, ½ bicchiere d'olio extravergine d'oliva,
infine acqua q. b..
Preparazione:
Si dispone sulla spianatoia (preferibilmente in marmo o legno) la farina
a fontana, se ne fa un impasto con le uova e l'acqua necessaria, si
amalgama il tutto e lo si lavora fino ad ottenere un impasto omogeneo,
lo si unge con l'olio, lasciandolo riposare in una terrina per 30 minuti;
quindi si divide la pasta in tanti pezzetti uguali che verranno allungati
per circa 15 cm. l'uno. Poi con certosina pazienza si avvolge ognuno
di questi maccheroni ad un sottile ferro da calza senza cromatura, così
da ottenere dei maccheroni col buco. Si fa bollire dell'acqua (aggiungendovi
un filo d'olio, per evitare che le ceppe si appiccichino), la si sala
e si aggiunge la pasta per 10 / 15 minuti. Scolatala, la si condirà
con abbondante ragù saporito e rigorosamente a base di carne, spolverando
il tutto con pecorino o parmigiano grattugiato, altra variante di condimento
assai gustosa è quella con zucchine trifolate con cipolla e pinoli,
oppure con melanzane o ciò che la stagione suggerisce. Anche lo stomaco
più delicato e difficile, apprezzerà quest'autentica delizia tutta civitellese,
perché digeribilissima. Si potrà gustare il piatto in tutti i ristoranti
del posto, sarà invece più difficile procedere all'acquisto della pasta
fresca poiché non è in vendita in nessun negozio e soltanto alcune donne
civitellesi la realizzano ancora.
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