La
tappa del mese di settembre si è svolta nel più classico degli agriturismi:
"Za' Beata" di Val Vomano (Penna Sant'Andrea). Nonostante la
tappa sia stata organizzata in un giorno infrasettimanale i soci sono
intervenuti in buon numero anche forse richiamati dalla "storicità"
dell'Agriturismo; infatti "Za Beata" è un pò il nonno degli
agriturismi teramani essendo stato il suo titolare uno dei primi ad
iniziare questo tipo di attività nella zona. La nona tappa dell'Agritour
2002 è iniziata con buon antipasto di tipo tradizionale: prosciutto,
lonza, formaggio, sottaceti, pane casareccio con "cacio marcetto"
(ottenuto dal formaggio pecorino che già comincia a fermentare, impastato
con il latte e aggiungendo qualche goccia di aceto e pepe macinato),
frittata con peperoni e zucchine, formaggio fritto, zucchine fritte,
sardelle fritte e peperoni "friggitelli" (tipico piatto della
tradizione delle cantine teramane) il tutto accompagnato da un buon
bicchiere di trebbiano. La cena è proseguita con due primi:
tagliatelle alla boscaiola (funghi, pancetta, piselli, carne tritata)
e pappardelle con il sugo di papera. Per secondo il cortese
titolare dell'Agriturismo ci ha servito uno spezzatino di castrato
in umido ed una grigliata di carne mista e per contorno insalata e
patate al forno con cui abbinare un ottimo Montepulciano d'Abruzzo.
A conclusione della cena, per dolce, non poteva mancare una bella
fetta di torta (c.d. pizza dolce): pan di Spagna tagliato orizzontalmente
e imbevuto con il rhum, caffè e alchermes e tra un piano e l'altro
riempito di crema e cioccolato. I soci, prima dell'ultimo Capitano
Paf, si sono presi un caffè e per meglio digerire qualche bicchierino
di grappa, limoncello e amaro ma particolarmente apprezzato è risultato
essere il vino cotto! Tipico vino che concludeva i banchetti
dei patrizi romani e degli imperatori, citato da Plinio che detta
ancora una norma di produzione "…cotto quando la luna non si vede",
fu apprezzato da papi, re e principi. Da sempre tradizionalmente diffuso
nel teramano, furono gli antichi piceni a ereditare questa tecnica
che permetteva di ottenere un vino concentrato e stabile: il mosto
si metteva a bollire in un caldaio di rame, dove si riduceva a un
terzo del volume. Poi veniva invecchiato in apposite anfore. Il vino
cotto è dolce e liquoroso e per il vigore che riusciva a infondere,
veniva usato anche durante i lavori più faticosi nei campi come la
mietitura e la battitura del grano. Nelle campagne del teramano non
c'era, e non c'è, una sola vigna che non ne produca una piccola parte;
non c'era, e non c'è, una sola famiglia che non abbia una piccola
scorta di vino cotto da bere o da offrire agli ospiti.
Sergio
26.09.02